Cosa significa per te essere un biker? E un motociclista? Sono domande che, a un primo sguardo, potrebbero sembrare simili, quasi interscambiabili, eppure, a ben vedere, nascondono sfumature profonde che toccano l’essenza stessa di chi vive la strada su due ruote. Non è solo una questione di possedere una moto, di montare in sella e di macinare chilometri. C’è molto di più, un universo di emozioni, valori e, talvolta, anche di delusioni.

Fin da piccolo, ho nutrito un’ammirazione quasi mitica per il mondo dei biker e dei motociclisti. Era un immaginario nutrito dai film, fatto di amicizia, di gruppi uniti, di una vera e propria fratellanza. L’idea di vivere la strada in sella, di sentire il vento, gli odori, le vibrazioni, era qualcosa di magico, un sogno che attendeva solo di essere realizzato. I miei genitori, con una lungimiranza che oggi comprendo appieno, mi hanno sempre negato la possibilità di avere uno scooter da ragazzo. Questo, se da un lato mi ha privato di alcune esperienze tipiche dell’adolescenza, come le uscite con gli amici in scooter o i primi approcci romantici, dall’altro mi ha aperto a innumerevoli altre opportunità, forgiando un percorso diverso, forse inaspettato, ma non per questo meno ricco.

Con il passare degli anni, l’idea della moto è rimasta un desiderio sopito, messo in pausa dalla praticità dell’auto. Ma quel sogno, quel richiamo delle due ruote, non si è mai spento del tutto. Ed è così che, a 37 anni, dopo aver finalmente preso la patente A3 e aver acquistato la mia prima moto, ho coronato un sogno che covavo da una vita intera, un sogno che, paradossalmente, non mi aveva mai visto neanche alla guida di uno scooter. Non era solo il desiderio di possedere una moto, ma quello di far parte di quel mondo, di quel gruppo di biker, di motociclisti, di amici con cui condividere la strada, il divertimento, la passione.

La Fratellanza biker è svanita?

Tuttavia, con il tempo, ho scoperto che la realtà della “fratellanza biker” è ben più complessa e, a volte, difficile da trovare. Mi sono imbattuto in un ventaglio di persone, ognuna con la propria visione del motociclismo. Ho stretto amicizie durature con chi condivide la mia filosofia, persone con cui ancora oggi giro e mi diverto. Ma ho anche dovuto prendere le distanze da chi vive la moto in un modo completamente diverso, un approccio che non si allinea con il mio modo di interpretare questa passione.

Per me, essere un motociclista e un biker significa vivere la strada, sentire il contatto con l’asfalto, assaporare ogni emozione che un giro in moto può regalarti. C’è chi sostiene che la moto sia sinonimo di libertà, ma in realtà, molte cose che si fanno in auto si possono fare anche in moto. La vera differenza, per me, risiede nelle emozioni che la moto è capace di scatenare.

Non si tratta solo dell’attenzione che si deve porre alla guida, ma di sensazioni più profonde. Immagina di attraversare un sottobosco, l’odore del muschio, l’aria fresca che ti avvolge fin dentro il casco, rendendoti parte integrante dell’ambiente circostante. Non si tratta di correre a perdifiato, ma di assaporare ogni dettaglio, di studiare la strada, di essere pienamente presente. Certo, ore in moto possono essere più stancanti che in auto, ma la felicità che ne deriva ripaga ogni fatica. Capitano momenti in cui sorrido come un ebete sotto il casco, tornando a casa stanco, ma con un sorriso stampato in volto, la prova tangibile di una passione vissuta appieno.

Quando il “Gas Facile” Mette a Rischio la Vita

E qui arriviamo al punto dolente, al perché ho sentito il bisogno di affrontare questo discorso. Non capisco perché molte persone vivano il motociclismo, l’essere biker, l’essere motociclista, in un modo così diverso, quasi opposto al mio. Certo, siamo tutti diversi, ognuno con la propria testa, il proprio modo di affrontare le cose, altrimenti la vita sarebbe di una monotonia disarmante. Ma qui parliamo di uno sport, di una passione che, se mal interpretata, può diventare estremamente pericolosa.

Sono un subacqueo, e molti considerano la subacquea pericolosa. Eppure, oggi, credo che il motociclismo, per come viene vissuto da alcuni, sia molto più rischioso. Negli ultimi mesi, con l’inizio della “stagione biker”, quella in cui si riattivano le assicurazioni e si torna in strada, sto leggendo e sentendo troppe storie di ragazzi che non fanno ritorno a casa dopo un giro in moto. Non voglio assolutamente dire che la colpa sia sempre e solo del biker; è un “fifty-fifty”, un gioco di responsabilità condivise. Gli automobilisti sono spesso distratti, e noi siamo la parte più vulnerabile della strada. Ma è altrettanto vero che molti di noi si “divertono” a toccare il ginocchio a terra, a chiudere la gomma, a ingarellarsi in modo sproporzionato rispetto ai limiti e alle condizioni della strada.

Forse il fatto che io guidi da poco tempo, che non abbia ancora la piena confidenza con me stesso, con la moto e, soprattutto, con la strada, mi rende più cauto. Ho “assaggiato” l’asfalto un paio di volte, e non è stata un’esperienza piacevole, ma mi è sempre andata bene. Purtroppo, ci sono persone che l’asfalto l’hanno baciato con il muso, e da lì non si sono più rialzate.

Credo che a un certo punto sia fondamentale fermarsi, guardarsi allo specchio e chiedersi: “Perché vado in moto? Devo davvero dimostrare a tutti di essere il migliore, il più bravo, quello che ‘chiude la gomma’ o ‘mette il ginocchio a terra’ a ogni costo?”. Questo non è il mio modo di vivere il motociclismo. Ognuno è libero di pensarla come vuole, per fortuna viviamo in un paese libero. Ma quando esco e indosso il casco, non penso a fare il tempo sul giro, a battere un record.

Non dico di andare in pista, lo sappiamo tutti, i costi sono esorbitanti. Non ci sono mai stato e non so se ci andrò mai, anche se mi piacerebbe provare un giorno, dopo aver acquisito maggiore esperienza. Tra gomme, costi del circuito, trasferimenti, benzina, si spendono un sacco di soldi. Ma le strade pubbliche non sono un circuito. C’è un atteggiamento, nel mondo motociclistico, che trovo un po’ malato: la rincorsa a chi ha “chiuso la gomma” per primo, a chi ha messo il ginocchio a terra.

Vi racconto un aneddoto. Ero un neopatentato, in Costiera Amalfitana per la prima volta. Mi fermai in un autogrill e, uscendo, trovai delle persone, anche anziane, che ammiravano la mia Yamaha MT-07. Mi avvicinai, ingenuamente sperando di fare amicizia e magari unirmi al loro gruppo. La prima cosa che mi dissero fu: “Ma non hai ancora chiuso le gomme?”.

Un po’ imbarazzato, risposi che avevo la moto da pochi mesi e non ero in grado, né interessato, a “chiudere le gomme”. La loro risposta fu secca: “Allora vai piano!”.

Da lì ho iniziato a documentarmi, a leggere forum, social, video su YouTube. E ho scoperto questa “gara” a chi ha il “pistone più grande”, soprattutto tra gli uomini. È curioso notare come, nel mondo femminile delle due ruote, ci sia molta più comprensione e solidarietà, una cosa che nella vita di tutti i giorni non sempre si trova. Invece, nel mondo motociclistico maschile, c’è una competizione esasperata. E questo mi lascia perplesso. Ho sempre vissuto il motociclismo come un qualcosa di diverso.

Essere un Biker: Un Inno alla Vita, alla Condivisione, alla Sicurezza

Il motociclismo dovrebbe essere un inno alla vita, un modo per godere appieno delle bellezze che ci circondano, per staccare dalla routine quotidiana e ricaricare le batterie. Per me, è una valvola di sfogo incredibile. Un modo per sentirmi leggero, libero da pensieri e preoccupazioni. È un momento per me stesso, per ritrovare la pace interiore, ascoltando il rumore della moto e sentendo il vento sul viso. È la mia terapia, il mio modo per liberare la mente.

Ma cosa significa tutto questo? Significa che il motociclismo, nella sua essenza più pura, è vivere in moto, divertirsi. Non è una gara a chi è il più bravo o il più veloce. È la gioia di percorrere chilometri, di esplorare nuovi posti, di scoprire angoli nascosti e di lasciarsi sorprendere dalla bellezza del mondo.

È l’esperienza di essere parte di qualcosa di più grande, di una comunità, sì, ma una comunità sana, basata sul rispetto reciproco e sulla condivisione di principi fondamentali: il divertimento e la sicurezza.

Purtroppo, questa visione si scontra spesso con una realtà distorta, dove il “motociclista della domenica” si trasforma nel peggior nemico di sé stesso e degli altri. Parlo di quelli che spingono al limite, che rischiano la propria vita e quella degli altri, magari solo per un video da postare sui social o per dimostrare una presunta superiorità. Questa ostentazione, questa ricerca di visibilità a tutti i costi, è un cancro che sta erodendo l’immagine di un mondo, quello motociclistico, che dovrebbe essere fatto di passione autentica e rispetto per la strada.

La Strada non è una Pista: Un Monito Necessario

Quante volte sentiamo dire: “La strada non è una pista”? È un mantra che dovrebbe risuonare nella mente di ogni motociclista, eppure, troppo spesso, viene ignorato. La strada è un luogo pubblico, dove si incrociano vite, dove ogni errore può avere conseguenze devastanti. Il desiderio di “chiudere la gomma” o di “grattare il ginocchio” dovrebbe essere relegato ai circuiti, luoghi sicuri e attrezzati per questo tipo di performance. In strada, l’unica “performance” che conta è arrivare a casa sani e salvi.

Questo non significa limitare il divertimento. Al contrario, il vero divertimento, quello puro e appagante, nasce dalla consapevolezza, dal controllo, dalla capacità di assaporare ogni curva, ogni paesaggio, ogni sensazione, senza la costante ansia del limite. Significa godere della potenza della propria moto, non per sfidarla, ma per cavalcarla con maestria e rispetto.

Costruire una Community Sana: Il Futuro del Motociclismo

Allora, come possiamo recuperare quel senso di fratellanza che sembra essersi smarrito? Come possiamo promuovere un motociclismo sano, sicuro e divertente? La risposta è nella community. Una community che non si limiti a raduni e uscite, ma che diventi un vero e proprio ecosistema di valori.

Primo, è fondamentale educare. Non solo i neopatentati, ma anche i motociclisti più esperti. Corsi di guida sicura, workshop sulla manutenzione della moto, incontri per discutere di etica e responsabilità sulla strada. Dobbiamo smettere di glorificare l’eccesso e iniziare a celebrare la prudenza e la consapevolezza.

Secondo, dobbiamo promuovere la solidarietà. Quella vera, non quella effimera dei “like” sui social. Quella che ti spinge a fermarti se vedi un motociclista in difficoltà, quella che ti porta a condividere esperienze e consigli, quella che costruisce legami autentici.

La vera fratellanza si vede nel supporto reciproco, non nella competizione.

Terzo, è essenziale cambiare la narrativa. Basta con l’immagine del motociclista spericolato e irresponsabile. Dobbiamo mostrare al mondo il vero volto del motociclismo: un mondo di passione, di avventura, di bellezza, ma anche di rispetto, di responsabilità e di grande cuore. Dobbiamo celebrare chi vive la moto con intelligenza e maturità, chi fa della sicurezza una priorità senza rinunciare al piacere della guida.

Il mondo dei biker e dei motociclisti ha un potenziale immenso. È un mondo fatto di persone straordinarie, con una passione che unisce e che può creare legami indissolubili. Ma dobbiamo essere noi, i motociclisti stessi, a far sì che questa passione venga vissuta e percepita nel modo giusto. Dobbiamo essere gli ambasciatori di un motociclismo consapevole, rispettoso e, soprattutto, felice.

Un invito a riflettere, a guardarsi dentro, a riscoprire il vero significato di un casco indossato e di una strada percorsa. Non è una gara, non è una dimostrazione, è un viaggio. E come ogni viaggio che si rispetti, merita di essere vissuto con gioia, responsabilità e un pizzico di quella magia che solo le due ruote sanno regalare.

Direi che per questo post è tutto ora non resto altro che realizzare video in moto, ma vi rimando al canale YouTube dove potrete iscrivervi e seguirmi in questo percorso di crescita come motociclista e come persona.

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Voonexio

Appassionato di moto, di viaggi e di video editing, ho deciso quindi di iniziare ad unire insieme queste miei passioni e registrare i miei giri in moto, iniziando a pubblicare su YouTube come motovlogger.

Ho conseguito la patente A3 in tarda età e prima della patente non avevo mai guidato neanche uno scooter, ma la passione è passione e quindi...

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